Era il tardo pomeriggio del 21 ottobre 1604 quando, dalla parte di Cusago, giunse in paese l’arcivescovo di Milano, il cardinale Federico Borromeo, in visita pastorale. Sceso dalla lettiga, venne accompagnato in processione verso Settimo, dove trascorse la notte, ospite del parroco Pietro Bossi.
Il mattino successivo compì la visita, celebrò la Messa, amministrò la cresima, per poi partire alla volta di Vighignolo. Le cose della parrocchia procedevano abbastanza bene; ma l’atto più significativo che compì fu, dal punto di vista storico, il consenso verbale alla separazione della chiesa di San Giorgio dalla parrocchia di Santa Margherita, da cui essa dipendeva ab immemorabili. La decisione venne sancita con un decreto arcivescovile del dicembre successivo; girando per le chiese, anche le più sperdute, della vastissima diocesi ambrosiana, il cardinale Federico spesso presedecisioni di questo tipo, in nome di un servizio religioso sempre più capillare per le
popolazioni rurali. Tuttavia, per ricordare che la chiesa di Seguro era figlia di quella di Settimo, l’arcivescovo stabilì che ogni anno, il giorno della festa patronale della chiesa madre, i parrocchiani di San Giorgio avrebbero offerto a quest’ultima una candela, in segno dell’antica appartenenza. Seguendo la legge, spesso curiosa, dei corsi e ricorsi storici, questo rito viene riproposto con la processione di sabato 24 ottobre 2009: un cammino che dalla quattro antiche parrocchie della nostra città le fa confluire tutte alla chiesa di Santa Margherita, destinata a sede dell’unico parroco responsabile della Comunità Pastorale intitolata alla Madonna del Rosario.
Di fatto, la primazia assegnata alla chiesa di Settimo centro non è erronea dal punto di vista storico. Con tutta probabilità, infatti, fu realmente essa la prima del nostro territorio; sicuramente è quella di più antica attestazione, trovandosi testimoniato, già nel 1154, un Iohannes presbiter de Septimo, Giovanni prete di Settimo, come curato del luogo. Se cerchiamo di andare ancora più indietro nel tempo, il problema diventa conoscere quando è avvenuta la diffusione del Cristianesimo nelle nostre campagne: la risposta ci viene dalla storia cosiddetta generale, che conobbe – per semplificare – due grosse ondate di cristianizzazione della campagna milanese. La prima fu ai tempi del vescovo Ambrogio, tra IV e V secolo; la seconda, successiva di un centinaio di anni, da ricondurre all’opera della regina longobarda Teodolinda e dei suoi successori che, abbandonata la versione ariana del Cristianesimo, convertirono i loro insediamenti rurali (il modello abitativo preferito dai longobardi) in comunità cattoliche. I centri di irradiazione del Cattolicesimo furono in origine le chiese “capo di pieve”: un’antica notizia vuole che la chiesa di San Giovanni Battista di Cesano Boscone (fino al 1970 “capo di pieve” anche per le parrocchie di Settimo) venisse proprio fondata da Teodolinda. L’origine longobarda del Cristianesimo nostrano è confermata dai santi titolari delle nostre chiese: Santa Margherita, San Giorgio, San Sebastiano erano particolarmente cari al popolo dalla lunga barba. Addirittura – così anticamente succedeva a Cesano – quelle antiche genti spesso costruivano le chiese ai margini dell’abitato, circondate dal cimitero: un esempio ancora visibile è proprio l’antica parrocchiale, oggi diruta, di Vighignolo, ma sappiamo che la piazza di Settimo e quella di Seguro erano, almeno sino al Cinque – Seicento, destinate in parte anche a luogo di riposo dei defunti. Attorno alle chiese plebane, con i secoli, si costituirono collegi di sacerdoti che si recavano a celebrare nel territorio. Il passo successivo, come si intuisce, fu la fondazione di chiese e cappelle nei singoli villaggi, embrione della futura istituzione parrocchiale: e così torniamo al nostro prete Giovanni, primo “parroco” di Settimo di cui abbiamo notizia. All’epoca, con ogni probabilità come abbiamo visto, esistevano già le chiese di San Giorgio e di San Sebastiano. Se è facile individuare nel 1604 la data in cui la chiesa di Seguro divenne parrocchia autonoma, il discorso si fa più complesso per Vighignolo, la cui sottomissione a Settimo è ipotizzabile in quanto – così racconta un parroco settimese di inizio Novecento, don Gerolamo Colombo – “per antichissima consuetudine” il curato di Santa Margherita aveva il diritto di cantare la Messa in San Sebastiano durante la festa patronale di Vighignolo, a gennaio. Un privilegio che, probabilmente, ricorda l’antica dipendenza da quella parrocchia, conclusasi peraltro molto precocemente, già attorno alla metà del XV secolo, quando un ricco gentiluomo, Zanino Meraviglia, decise di restaurare la chiesa del cimitero e di costruire in paese una cappella dedicata a Santa Maria Nascente, affidando entrambe alle cure dei frati di San Francesco Grande di Milano. Per un paio di secoli, sino al 1653, la parrocchia di Vighignolo venne così retta da uno (talvolta due) figli di San Francesco, scelti dai discendenti del Meraviglia. A Settimo intanto don Fabrizio Balbi, parroco ma soprattutto membro della famiglia all’epoca più in vista in paese, procedeva (1534) alla ricostruzione della chiesa di Santa Margherita, mentre fino al 1580 circa sopravvisse, in Seguro, l’antica cappella di origini altomedievali, di cui San Carlo ordinò la ricostruzione.
Senza addentrarci nei particolari, vi fu in seguito un altro “giro” di riedificazioni: attorno al 1890 la chiesa di Santa Margherita ebbe le forme attuali (l’edificio del Balbi stava per crollare in testa ai fedeli durante le feste di Natale del 1885!), mentre nel 1754 – 1755 la chiesa cinquecentesca di San Giorgio ricevette le sue aggraziate forme barocchette da Giulio Galiori, architetto della Fabbrica del Duomo. Coevo alla ricostruzione di Santa Margherita, alla quale contribuì pesantemente il Municipio locale, fu l’ampliamento e restauro di Santa Maria Nascente. Per rimanere agli edifici di culto, in anni recenti le mutate esigenze delle comunità cristiane fecero sì che si costruisse la nuova chiesa di Vighignolo e quella di Seguro. Inoltre, costituita nell’immediato dopoguerra la nuova parrocchia di Cascine Olona, dapprima nell’antico Oratorio Mantegazza (1468), poi in un edificio “provvisorio”, nel 1994 il cardinale Martini consacrava la grande chiesa di San Giovanni Battista.
E’ doveroso, a questo punto, fare qualche cenno alle “chiese di persone” dopo aver parlato delle chiese di pietra. Se per più di quattrocento anni le tre parrocchie “storiche” della nostra città hanno avuto una vita “giuridica” propria, esse tuttavia hanno sempre presentato i tratti comuni e tipici delle parrocchie della campagna milanese, così robustamente permeata dallo spirito e dalla pratica del cattolicesimo. Se gli atti delle visite pastorali dei tempi di San Carlo (1566 – 1581) mostrano aspetti per molti versi ancora “antichi”, con il Seicento assistiamo al fiorire di una vita parrocchiale fervente e ordinata. Il calendario liturgico (spesso, ovviamente, in parallelo con quello agricolo), le grandi feste, la dottrina, i vespri, le processioni scandivano la vita parrocchiale, in cui un ruolo importante, dal punto di vista pastorale ma anche amministrativo, era occupato dalle confraternite del Rosario e del Santissimo Sacramento, cui con gli inizi del Novecento iniziarono ad affiancarsi i primi “gruppi giovanili” (i Luigini, le Figlie di Maria), embrioni dell’Oratorio (comparso in Settimo negli anni Venti – Trenta). Stupisce, scorrendo i documenti parrocchiali, come nonostante l’indubbia durezza delle condizioni di vita i nostri antenati non mancassero di ritenere le parrocchie come cosa propria, sostenendo i parroci nei lavori agli edifici e nell’accrescere il loro decoro “artistico” e liturgico.
Erano comunità molto tradizionali, nelle quali addirittura esistevano (come in Settimo, ancora a fine Ottocento) residui di decime sui prodotti agricoli; comunità che potrebbero apparire oggi chiuse, benché anche sotto i campanili, ai tempi dei primi fermenti contadini e operai, si svilupparono forme di associazionismo cattolico (l’opera di don Gerolamo Colombo, tra Otto e Novecento, fu molto significativa, e vale la pena ricordare il ruolo delle cooperative cattoliche vighignolesi nel dopoguerra).
La devozione alla Madonna era fortissima: in Vighignolo ad esempio – la cui compatrona è appunto Maria Nascente – c’era la tradizione, ogni anno, di compiere una processione al santuario di Rho, mentre gli uomini membri delle confraternite avevano tra i loro doveri quello di recitare tutte le domeniche mattina, in coro, l’Ufficio della Madonna. In latino, certo: ma l’importante era che ascoltasse la Regina del cielo, non che capissero loro. Tanto è importante la devozione mariana nella storia delle nostre comunità, che la “festa del paese” di Settimo e di Seguro è appunto collegata alla Madonna del Rosario, venerata nella frazione sotto le forme di una bellissima statua settecentesca. Alla pietà del tardo Ottocento, invece, risale la cara Madonna di Lourdes della chiesa di Santa Margherita, cui corrisponde, più recente, la grande pala della Madonna di Fatima, in San Giovanni Battista, e la statua nella nuova cappella del Villaggio Cavour. A queste si aggiunge l’icona della Comunità Pastorale: la Madonna del Rosario che tiene sotto il suo manto i santi patroni delle antiche chiese che oggi, sotto la sua protezione, tornano unite come lo furono secoli e secoli or sono, sempre con l’obiettivo di camminare verso la Patria celeste